Per inquadrare le ragioni della nascita della nostra Banca occorre ripercorrere la vita e le opere del suo fondatore: Emilio Tosatti.
La cornice storica che intercorre fra il 1854, anno della sua nascita, e il 1911 anno della sua morte, è densa di avvenimenti rilevanti che condussero alla sognata e tormentata unità politica d’Italia. Sono gli anni della faticosa organizzazione dello Stato e del necessario potenziamento delle infrastrutture, ma anche della ricerca di un embrionale equilibrio politico che offrisse una cornice istituzionale alle nuove libertà, che il popolo italiano aveva perseguito nel Risorgimento, e dell’esigenza di una crescita culturale, civica e sociale, così ben sintetizzata da D’Azeglio con la nota frase: “L’Italia è fatta, ora restano da fare gli italiani”.
Si avverte in quel periodo l’urgenza di assecondare e stimolare iniziative di solidarietà e di cooperazione, le sole capaci di favorire ed accelerare l’estrinsecazione e lo sviluppo delle nascenti energie che si risvegliavano negli italiani finalmente liberi.
Emilio Tosatti, quando, poco più che venticinquenne, cominciò ad interessarsi della vita amministrativa del paese, si rese immediatamente conto che l’unica maniera di “fare gli italiani” consisteva nel superare le barriere sociali e di classe, nel dimenticare le negative esperienze del passato ed insieme nello smorzare le conseguenze di un cambiamento non del tutto rispondente alle tante attese, alle tante speranze.
Egli si rese conto che era necessario assecondare e stimolare iniziative di solidarietà e di cooperazione, che dessero agli italiani non solo la soddisfazione ma anche la consapevolezza d essere finalmente liberi e soprattutto uguali nei doveri e nei diritti. In questa prospettiva appare estremamente lungimirante l’adesione di Emilio Tosatti al pensiero di Luigi Luzzatti che, esule dal suo Veneto ancora sotto la dominazione asburgica, scriveva: “La cooperazione è la sola formula pratica trovata sinora per la pace sociale”.
Con riferimento alle esigenze del momento storico, si sarebbe potuto aggiungere che essa costituiva anche la sola formula efficace per favorire la crescita economica nella pace sociale.
Proprio durante il suo primo approccio alla vita pubblica, Emilio Tosatti dovette prendere coscienza del fatto che, in campo nazionale, la costruzione dello stato non era separabile dalla fissazione di certi obiettivi che inevitabilmente producevano contrasti all’interno dei nascenti partiti politici, come naturale conseguenza dei diversi punti di vista in merito alle reali condizioni, alle esigenze ed alle necessità della popolazione.
Tra gli avvenimenti che caratterizzarono quegli anni cruciali rientrano la tassa sul macinato, la caduta della destra, la nascita del partito socialista, i primi moti operai in Toscana ed in Sicilia, la repressione di Crispi.
Pur senza rinnegare la realtà e gli aspetti positivi della raggiunta unità politica, Emilio Tosatti trovò, nel microcosmo costituito dal proprio paese, un fecondo terreno idoneo alla necessità di coinvolgere e stimolare gli uomini migliori alla solidarietà, cioè a quell’altruismo ispirato all’adempimento di un dovere umano e civico insieme.
Per il contesto nazionale nel suo complesso, ed in particolare per gli ambienti bancari, si trattava di uno dei momenti meno felici. La crisi iniziata nel 1888-1889 sfociò in una crisi più generale del paese e in quella economica mondiale durata dal 1890 al 1896.
Nel 1893, dopo il crollo della Banca Romana, nasceva la Banca d’Italia dalla fusione dei tre Istituti di emissione: la Banca Nazionale del Regno, la Banca Nazionale Toscana e la Banca Toscana di credito.
Nel contesto sociale ed economico di fine ottocento Emilio Tosatti diede vita, il 19 febbraio 1893, alla BANCA POPOLARE DI SAN FELICE SUL PANARO, con fini strettamente sociali proprio per andare incontro ai bisogni della gente e per muovere guerra alla piaga dell’usura. L’Istituto può veramente dichiararsi – per i tempi e i modi in cui nacque ed operò – la “sua” Banca. Fu lui, in effetti, a idearla, a crearla a condurla al successo in varie operazioni nazionali ed a dirigerla fino ai suoi ultimi giorni.
La volle “piccola, ma forte” e autonoma.
La concepì tutta “sanfeliciana” e, infatti, tutti sanfeliciani furono i novantasette coraggiosi intraprendenti che credettero in lui, gli furono vicini nella storica giornata del 19 febbraio 1893 e collaborarono nei primi non facili passi della Banca.
Tosatti scrisse che “non mancarono le obiezioni” da parte di non pochi timorosi, che volevano farsi passare piuttosto per prudenti, ma lui ed i suoi collaboratori costituirono in San Felice la degna rappresentanza del fermento culturale più vivo che aveva caratterizzato il Risorgimento e che cercava di individuare, nei primi decenni dell’unità nazionale, una base comune per venire incontro alle necessità della popolazione e stimolare gli uomini migliori a sentimenti di solidarietà e di altruismo ispirato all’adempimento di un dovere sociale.
Un altro aspetto sorprendente ed anomalo, se visto nell’ottica odierna, è rappresentato dal fatto che tutti questi uomini, indipendentemente dalla loro fede religiosa e politica, vollero che la Banca Popolare di San Felice sul Panaro fosse apolitica al di sopra dei radicalismi ideologici e delle divisioni di classe. Da qui deriva, anche, l’azione finalizzata all’aiuto ed alla solidarietà che hanno portato la Banca ad elargire ingenti somme in beneficenza e pubblica utilità.
Costituisce un insegnamento per tutti la scoperta di come, oltre cento anni fa, il bene, il giusto e l’onesto prevalessero sugli interessi personali e sulla strumentalizzazione. Per meglio capire il pensiero di Emilio Tosatti è utile riportare alcuni passi salienti che si possono leggere nell’opuscolo dei primi dieci anni di vita della Banca, da lui scritto nel 1903:
“Dedico questa tenue fatica ai compagni di lavoro che meco condivisero le trepidazioni ai primi passi di questo previdente sodalizio ed ora, colla coscienza del dovere compiuto, contemplando la meta raggiunta, meco si allietano della superata prova, che attesta non essere stata vana la fede da noi saldamente riposta nel senno e nella virtù del nostro amato paese”
“E’ vanto dell’età nuova il risveglio del civile sentimento della mutualità”
“Le Banche Popolari, anche le minori, …. suscitano e spargono in mezzo agli umili i nobili impulsi alla onestà del credito ed alla feconda e moralizzatrice virtù del risparmio”
“… il merito e l’onore della fondazione della nostra Banca, è bene si sappia, spetta di diritto alla borghesia, la quale volle compiere opera che tornasse di decoro al paese e di indiscutibile vantaggio a tutti, ma segnatamente alla classe degli onesti lavoratori”
“Il Comitato, attenendosi alle origini ed alle finalità di questo istituto popolare, si è basato …, nell’accordare il credito, sul patrimonio morale del lavoro e della onestà “
“La Banca logicamente non può concepirsi che a larga base popolare, ché questi Istituti debbono essere riunioni di persone più che di capitali”
Ciò che non finisce di sorprendere in questi principi, queste idee, questi pensieri è il fatto che tutto ciò è ancora valido e attuale anche se sono trascorsi oltre cento anni.
Dopo pochi anni dalla nascita della Banca iniziava il ventesimo secolo, aperto dall’assassinio di Re Umberto I (29/7/1900) e dalle prime riforme sociali (1903-1914), indispensabili alla crescita del paese.
Proprio nel primo decennio del nuovo secolo Emilio Tosatti portava a compimento l’ultimo grande impegno che perseguiva da tempo, nonostante difficoltà e opposizioni: la costruzione della sede definitiva della Banca.
L’8 gennaio 1911, quando da pochi giorni l’attività della Banca si era trasferita nella nuova ed anche attuale sede della Direzione Generale della Banca, Emilio Tosatti moriva.
Dal giorno della scomparsa del Fondatore la fine delle piccole banche è stata preannunciata a più riprese ed in modi diversi, tanto a livello teorico dalle dottrine economiche quanto a quello pratico nei concreti segnali negativi e nelle azioni volte all’accorpamento o fusione di più istituti fra loro.
Le dimensioni al limite della competitività, l’incertezza nell’affrontare i costi crescenti dell’ammodernamento tecnologico e per far fronte alle nuove normative e segnalazioni di Vigilanza, la difficoltà ad adeguarsi alla globalizzazione dei mercati, l’impossibilità di sostenere la concorrenza degli Istituti di grandi dimensioni, sono tutti fattori che sembrerebbero avallare l’ipotesi della scomparsa delle piccole banche.
Invece la nostra Banca è ancora qui.
Sono stati il mercato, i risultati economici conseguiti, i Soci, la Clientela stessa a fornire, passo dopo passo, la risposta più adeguata all’impegno di coloro che – nei tanti anni trascorsi – si sono succeduti al governo ed alla guida della SANFELICE 1893 Banca Popolare – Società Cooperativa per azioni – che, dal 23 maggio 2009 con delibera dell’Assemblea Straordinaria dei Soci, ha così modificato la propria ragione sociale:
- SANFELICE: in onore delle origini sanfeliciane
- 1893: anno di fondazione
- Banca Popolare: perché queste sono le nostre radici
Una nuova denominazione nella continuità e nel rispetto della tradizione